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lunedì 25 febbraio 2013

Come ho imparato a cucinare


Le lezioni di cucina stanno per diventare obbligatorie per tutti gli scolari in Inghilterra, fino ai 14 anni. Era ora! - dice Esther Walker, che ha dovuto imparare a cucinare da sola.




Quattro anni fa, quando sono andata a vivere con mio marito, cucinava lui perché io non ci riuscivo, non sapevo come fare. Non lo facevo per dispetto o per una presa di posizione femminista, semplicemente non sapevo da dove cominciare. Giles era – ed è – un critico gastronomico. A lui non importava che io non sapessi cucinare, era solo contento che non fossi vegetariana. Così cucinava lui o mangiavamo fuori.
Nonostante guardassi mia madre preparare la cena ogni sera per non meno di sei persone nei 25 anni in cui ho vissuto a casa, non avevo idea di come facesse. (1) Faceva la spesa ogni giorno, comprava tutto ciò che aveva un adesivo con su scritto “offerta” e poi lo mangiavamo per cena. Durante la crisi della mucca pazza, quando la carne bovina con l'osso era sporcizia a buon mercato, mangiavamo da re.


Non mi era mai capitato di dover imparare a cucinare. Pensavo che quando fosse venuto il tempo l'avrei fatto e basta, istintivamente. Probabilmente il motivo era la tranquillità di mia madre quand'era in cucina: a guardarla sembrava che preparare la cena ogni sera per una tavolata piena non fosse un problema. Lo faceva apparire così semplice. (2) Ma non ci ha insegnato a cucinare e io non gliel'ho chiesto. Mia madre, anche se non è noto alcun suo difetto, non è una maestra di vita. Lasciava che ci arrangiassimo da soli. E noi – le sue quattro figlie – per lo più l'abbiamo fatto.

Di certo non mi hanno insegnato a cucinare a scuola. Andavo in una grammar school nel nord di Londra degli anni '90: l'idea di insegnare economia domestica alle ragazze era abominevole – perché, per poter diventare schiave in cucina di un maiale sciovinista? Noi avremmo dovuto gestire compagnie, diventare chirurghi o altri pezzi grossi. (3) Come si aspettavano che ci nutrissimo, lasciando stare il nutrire altri, non lo so. Forse pensavano che avremmo assunto dei cuochi, o che l'avrebbero fatto i nostri mariti, o che avremmo preso del cibo pronto. Forse davano per scontato che ce lo stessero insegnando a casa.

Adesso lo Stato si è accorto di aver sbagliato con un'intera generazione abbandonando questo lato della sua educazione e ha risposto con lo School Food Plan, ideato da Henry Dimbleby e John Vincent, fondatori della catena di ristoranti Leon, che renderà obbligatorie delle lezioni pratiche di cucina per tutti gli alunni d'Inghilterra fino ai 14 anni. Non si tratterà solo di disegnare cartoni per la pizza e discutere dell'importanza di lavarsi le mani, ma di imparare a cucinare “un repertorio di piatti salati”. Non succederà troppo in fretta.

Quando sono arrivata all'università il danno causato dall'aver tolto dal programma le lezioni di cucina era evidente: nessuno sapeva cucinare, eccetto una manciata di figlie di papà che avevano fatto dei corsi o che avevano lavorato negli chalet. Gli altri di noi mangiavano cazzate. (4) Non c'è da meravigliarsi se sembravamo tutti così malaticci, ingrassavamo così tanto e ci sentivamo così male. Nonostante tutto, non cercavo una soluzione.
Quando, sui vent'anni, vivevo da sola in un appartamento a Londra, non cucinavo nemmeno lì. Le sere in cui ero dentro, compravo la cena tornando a casa e nel frigo non tenevo altro che bottiglie di vino bianco acido, mezze vuote.

Dopo essere andata a vivere con mio marito, ho provato a cucinare per lui una volta o due, dato che avevo sentito dire che agli uomini piacciono le donne che sanno cucinare, ma mi è venuto sempre terribile: risotti brodosi con troppo olio di tartufo, tagli di carne non identificati comprati in preda al panico e maneggiati con la sensibilità di un elefante. C'erano delle odiate verdure troppo cotte e a volte pollo, ancora un po' rosa al centro oppure carbonizzato e in fiamme.

Poi, dopo un afflusso di sangue alla testa nel 2009, ho lasciato il lavoro – dritta dentro una fase di recessione. Così mi sono messa ad insegnare a me stessa a cucinare e ne ho parlato in un blog. L'anno successivo, io e Giles ci siamo sposati e l'anno dopo abbiamo avuto una bambina, kitty – e adesso saranno due, un altro nascerà a maggio. È stato dopo la nascita di Kitty che cucinare ha smesso di essere divertente e ha cominciato ad essere una cosa terribilmente seria. Improvvisamente c'erano una bambina e un marito da sfamare.

Quasi contemporaneamente Giles ha cominciato a lavorare di più e ci siamo ritrovati presto nelle dinamiche domestiche vecchio stile in cui Lui porta lo stipendio e Lei sforna la cena. Sono stata fortunata ad avere Giles con cui fare pratica di cucina. È sempre gentile riguardo quello che preparo (anche se qualcosa è andato storto) e sempre entusiasta di qualcosa di nuovo.

Le famiglie, mi sono accorta, si fondano per lo più sulla cena e se non sapessi cucinare sarebbe un grosso ostacolo all'armonia domestica. E ce ne sono già abbastanza. Ma anche se riesco a cucinare una serie di pasti per la famiglia senza pensarci troppo, è comunque un lavoro pesante e quando si avvicina l'ora di cominciare a pensare alla cena mi viene ancora l'ansia. Come tutti, mi ritrovo al supermercato senza la minima idea di cosa preparare per cena. Come tutti, mi ritrovo spesso a rimandare il più possibile il momento in cui devo iniziare a preparare. Grembiule, tagliere, coltello. Di nuovo. Argh! A volte ho paura di servire a Giles non solo una pentola con la cena ma anche un bollito di tradimento femminista. (5)

Allora allento la presa. Kitty mangia abbastanza spesso uova sode e s'impegna per il tè. Mio marito, una volta alla settimana, si vede presentare un'omelette o lo mando a prendere del cibo pronto o gli chiedo di prenotare un ristorante. Ed è lui a cucinare quasi tutto nel fine settimana. Ogni tanto ripenso al temperamento addirittura instancabile di mia madre quando arrivava l'ora dei pasti e mi vergogno un po'. Se a tutti venisse insegnato a cucinare a scuola in modo paritario, se la cucina venisse considerata un'abilità essenziale per la vita, come imparare a guidare o a parlare, proverei ancora – io o chiunque altro – questo stesso risentimento occasionale al riguardo? (6) 
Ho imparato a cucinare per caso ma so che molti dei miei coetanei non hanno mai imparato e probabilmente non impareranno mai.
Spero che ci saranno ancora lezioni di cucina a scuola quando i miei figli saranno abbastanza grandi da imparare; e anche in quel caso mi assicurerò che non vadano via da casa senza sapere come fare uno spezzatino, arrostire un pollo o impastare una torta. Se ho imparato qualcosa negli ultimi cinque anni, è che la cena è semplicemente troppo importante per essere lasciata al caso!

The Bad Cook di Esther Walker's  sarà pubblicato come EBook da The Friday Project il 28 March. Segui la scrittrice su @estherwalker

Note


(1) (...) It wasn't out of defiance or a feminist statement, I just didn't know where to start. Giles was – and is – a restaurant critic. (...)
Despite watching my mother make dinner for no fewer than six people every night for the 25 years I lived at home, I had no idea how she did it. 

(2) It never occurred to me that cooking was something that you had to learn. I thought that when the time came you would just do it, instinctively. My mother's tranquillity in the kitchen was probably why – she made it seem like making dinner every night, for a full table, was no big deal. She made it look so easy. 

(3) I certainly wasn't taught how to cook at school. I went to a north London grammar in the 90s: the idea that you would teach girls domestic science was abhorrent – what, so we could become kitchen slaves, you chauvinist pig? We were supposed to run companies, be surgeons and other big shots.

(4) The state has now realised that it has failed an entire generation by abandoning this side of their education; it has responded with the School Food Plan... It won't be just designing pizza boxes and discussing the importance of washing your hands, but learning to cook a "repertoire of savoury meals". It can't come too soon.
By the time I got to university the damage done by taking cookery off the curriculum was obvious: no one could cook, except a handful of Sloanes who had done courses or worked in chalets. The rest of us ate crap. 

(5) Families, I now see, are mostly about dinner and if I couldn't cook it would be a major stumbling block to domestic harmony. There are enough of those as it is. (...) Like everyone, I find myself at the shops at a complete loss as to what to make for dinner. (...) I sometimes worry that I am serving up to Giles not only a potful of dinner, but also a simmering plateful of feminist betrayal.

(6) And I cut myself slack. Quite often, Kitty will have a boiled egg and soldiers for tea.  (...)
At times I look back on my mother's relentlessly even temper when it came to mealtimes and feel a little bit ashamed. If everyone was taught how to cook at school equally, if cooking was treated as an essential life skill, like learning how to drive or spell, would I – or anyone else – feel the same occasional resentment about it? 


Autore: Esther Walker
Apparso su: The Guardian
Tradotto da: Inglese
Fonte: http://www.guardian.co.uk/lifeandstyle/2013/feb/23/how-i-learned-to-cook

1 commento:

  1. In realtà per me cucinare è stato piuttosto istintivo, e farlo per una tavolata è ancora più stimolante!
    E quando l'animo femminista si ribella, basta ricordare che la cucina è un'arte!

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