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venerdì 19 aprile 2013

1913: Quando Hitler, Trotsky, Tito, Freud e Stalin vivevano tutti nello stesso posto




Un secolo fa, una parte di Vienna ha accolto Adolf Hitler, Leon Trotsky, Joseph Tito, Sigmund Freud e Joseph Stalin.
Nel gennaio del 1913, un uomo il cui passaporto recava il nome di Stavros Papadopoulos sbarcò dal treno proveniente da Cracovia alla Stazione Nord di Vienna. Di carnagione scura, sfoggiava dei grossi baffi da contadino e portava una valigia di legno molto semplice.
“Sedevo al tavolo,” scrisse, anni dopo, l'uomo che era venuto ad incontrare “quando sentii bussare, la porta si aprì ed entrò uno sconosciuto. Era basso...magro...con la sua pelle butterata bruno-grigiatra...non vidi nulla nei suoi occhi che facesse pensare alla cordialità”.
L'autore di queste righe era un intellettuale russo dissidente, l'editore di un giornale radicale chiamato Pravda (Verità). Il suo nome era Leon Trotsky.
L'uomo descritto, infatti, non era Papadopulos.

Era nato come Iosif Vissarionovich Dzhugashvili, gli amici lo chiamavano Koba, ed ora viene ricordato come Joseph Stalin. Trotsky e Stalin erano solo due dei tanti uomini che abitavano al centro di Vienna nel 1913 e le cui vite erano destinate a modellare, anzi a distruggere, gran parte del XX secolo. Si trattava di un gruppo disomogeneo. I due rivoluzionari, Stalin e Trotsky, erano in fuga. Sigmund Freud aveva già una posizione ben consolidata. Lo psicoanalista, esaltato dai suoi seguaci come l'uomo che aveva svelato i segreti della mente, viveva ed esercitava in città, sulla Berggasse.
Il giovane Josip Broz, che più tardi sarebbe diventato famoso come Tito, leader della Yugoslavia, lavorava nella fabbrica di automobili Daimler a Wiener Neustadt, una cittadina a sud di Vienna, alla ricerca di un impiego, di soldi e di bei momenti.
Poi c'era il ventiquattrenne dell'Austria nord-occidentale il cui sogno di studiare pittura all'Accademia di Belle Arti di Vienna era stato infranto due volte e che adesso alloggiava in un dormitorio a Meldermannstrasse vicino il Danubio, tale Adolf Hitler.


  • Il dittatore sovietico Joseph Stalin trascorse un mese in città, incontrando Trotsky e scrivendo Il marxismo e la questione nazionale, con Nikolay Bukharin.
  • Il neurologo Sigmund Freud si trasferì a Vienna da bambino nel 1860 e abbandonò la città dopo che i nazisti ebbero annesso l'Austria.
  • Si crede che il leader nazista Adolf Hitler abbia vissuto lì tra il 1908 e il 1913 dove faticava per guadagnarsi da vivere come pittore.
  • Josip Broz, in seguito leader della Yugoslavia Tito, era un metalmeccanico prima di venire reclutato nell'esercito Austro-Ungarico.
  • Il rivoluzionario russo Leon Trotsky visse a Vienna all'incirca dal 1907 al 1914, lanciando il giornale PravdaLa Verità.

Nella sua maestosa rievocazione della città del tempo, Thunder at Twilight, Frederic Morton immagina Hitler che arringa i suoi coinquilini “sulla moralità, sulla purità razziale, la missione tedesca e il tradimento slavo, sugli ebrei, sui gesuiti e sui massoni”.
“Il suo ciuffo sballotterebbe, le sue mani macchiate di vernice taglierebbero l'aria, la sua voce si alzerebbe fino a diventare lirica. Poi, d'improvviso come aveva cominciato, si fermerebbe. Raccoglierebbe le sue cose con un fracasso imperioso e andrebbe a passi lunghi verso la sua stanza”.
A presiedere su tutti, nell'Hofburg Palace dalla struttura irregolare, c'era l'anziano Imperatore Francesco Giuseppe, che aveva regnato dal famigerato anno delle rivoluzioni, il 1848.








L'arciduca Francesco Ferdinando, il suo successore designato, risiedeva nel vicino Palazzo Belvedere, aspettando il trono con entusiasmo. Il suo assassinio l'anno seguente avrebbe fatto scoppiare la I Guerra Mondiale.
Vienna nel 1913 era la capitale dell'Impero Austro-Ungarico, composto da 15 nazioni e con più di 50 milioni di abitanti. “Non essendo propriamente un melting pot, Vienna era un tipo di “minestra culturale” che attraeva personaggi ambiziosi da tutto l'impero” dice Dardis McNamee, caporedattrice del Vienna Review - l'unico mensile austriaco in lingua inglese - che ha abitato nella città per 17 anni. “Meno della metà dei due milioni di abitanti sono nativi della città e circa un quarto viene dalla Boemia (ora parte occidentale della Repubblica Ceca) e dalla Moravia (la parte orientale della Repubblica Ceca), di conseguenza in Germania si parlava ceco in molti contesti”.

I sudditi dell'impero parlavano una dozzina di lingue, spiega.
“Gli ufficiali dell'esercito Austro-Ungarico dovevano essere in grado di dare i comandi in 11 lingue oltre al tedesco, ognuna delle quali aveva una traduzione ufficiale dell'inno nazionale”. E questo singolare melange creò un fenomeno culturale tutto suo: le coffee-house viennesi. Secondo la leggenda, le sue origini sono da cercarsi nei sacchi di caffè lasciati dall'esercito ottomano in seguito al fallito assedio turco del 1683. “La cultura del caffè e l'idea di dibattito e discussione nei caffè è parte integrante dello stile di vita viennese ora come allora”, spiega Charles Emmerson, autore di 1913: In Search of the World Before the Great War e ricercatore senior presso il gruppo di esperti di politica estera della Chatham House. “La comunità intellettuale viennese era in realtà piuttosto piccola, si conoscevano tutti e...questo favorì gli scambi attraverso le frontiere culturali”. Tutto ciò, aggiunge, avrebbe favorito i dissidenti politici e coloro che erano in fuga.

“Non c'era uno stato centrale straordinariamente potente. Era forse un po' sciatto. Se volevi trovare in Europa un posto per nasconderti in cui potevi incontrare tante altre persone interessanti, allora Vienna poteva essere un buon posto per farlo”.

Vienna - Cafe Central
Il ritrovo preferito da Freud, il Cafe Landtmann, si trova ancora sull'Anello: il celebre viale che circonda lo storico Innere Stadt1. Trotsky e Hitler frequentavano il Cafe Central, a qualche minuto di camminata da lì, dove i clienti erano appassionati di torte, quotidiani, scacchi e soprattutto di discussione. “Uno dei motivi per i quali i caffè diventarono così importanti era che 'tutti' ci andavano”, dice MacNamee. “Quindi c'era uno scambio e una proficua condivisione di discipline e interessi, infatti, i confini che poi diventarono così rigidi nel pensiero occidentale erano molto flessibili”. Oltre questo, aggiunge, “l'ondata di energia dell'intellighenzia ebraica, e la nuova classe industriale, resero possibile l'ottenimento dei pieni diritti di cittadinanza da Francesco Giuseppe nel 1867 e il libero accesso a scuole e università”. Inoltre, anche se si trattava di una società largamente maschilista, anche alcune donne ebbero un certo impatto.

Alma Mahler il cui marito, che era un compositore, morì nel 1911, era anch'essa una compositrice e diventò la musa e l'amante dell'artista Oskar Kokoschka e dell'architetto Walter Gropius.
Anche se la città era e rimane sinonimo di musica, di balli sontuosi e del valzer, il suo lato oscuro era particolarmente desolante. Gran parte dei cittadini vivevano nei bassifondi e il 1913 vide circa 1500 Viennesi togliersi la vita.

Nessuno sa se Hitler si sia mai imbattuto in Trotsky, o se Tito abbia incontrato Stalin, ma opere come Dr Freud Will See You Now, Mr Hitler [Il Dottor Freud la visiterà subito, Signor Hitler] – un radiodramma del 2007 di Laurence Marks e Maurice Gran – sono vivaci fantasie su tali incontri.
L'incendio che scoppiò l'anno successivo distrusse gran parte della vita intellettuale di Vienna. L'impero implose nel 1918, spingendo Hitler, Stalin, Trotsky e Tito verso carriere che avrebbero segnato per sempre la storia mondiale.


AutoreAndy Walker
Fonte: BBC
Lingua: Inglese

Note

1 Letteralmente “città interna”, corrisponde al centro storico della città.




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